mercoledì 3 ottobre 2012

La cultura smette di essere elitaria e diventa pop

Il mio articolo (versione integrale) uscito sul fatto il 27 settembre 2012


Le università, istituzioni da sempre delegate alla conservazione e trasmissione di un sapere chiuso, cedono alla cultura "wiki" e alla condivisione della conoscenza, e divulgano gratuitamente in rete i loro insegnamenti.


Akash Goswami è un ragazzo indiano della «classe media di una piccola città». L’America è lontanissima, la California e la sua Stanford University un miraggio. Eppure «Immagina! Dio ha inviato l’opportunità di frequentarla proprio alla mia porta!». Jenny Ramirez ha due bambini: vorrebbe completare il master interrotto per diventare madre. E così si è messa a frequentare dei corsi per migliorare la sua conoscenza dei computer e tornare a studiare. La figlia di Ryan Murphy invece all’inizio dell’anno aveva tre mesi e una rarissima malattia autoimmune. Aspettava un trapianto. Lui non poteva rischiare di portare germi in casa e aveva perso il lavoro. E così si è messo a seguire i corsi di Coursera: oggi la bambina è stata operata e Ryan, grazie agli attestati, ha trovato lavoro con ai corsi seguiti. Leonor ha 76 anni, da sempre avrebbe voluto studiare all’università, e ora ha potuto finalmente coronare il suo sogno e iscriversi a un corso sulla poesia americana.

Ormai quella mega università on line che è diventata Coursera – avviata a febbraio di quest’anno - è piena di storie così. L’idea di Daphne Koller e Andrew Ng, entrambi docenti alla Stanford University, è semplice: mettere online i corsi tenuti in aula spezzettandoli attraverso 4-5 video per ogni ora di lezione (in modo da rendere le lezioni più fruibili e "smarty") e far partecipare gli studenti con quiz, compiti, gruppi di discussione, lettura di libri e materiale, come una vera università, insomma. Che è poi quello che li rende diversi dagli altri corsi online: «Sono esattamente come i corsi “reali”» spiega Koller. «Iniziano a una data precisa, seguono un calendario di lezioni prefissato, agli studenti vengono assegnati compiti e ci sono valutazioni durante il corso e alla fine, quando i ragazzi ricevono un certificato che possono presentare al futuro datore di lavoro oppure portarlo al college in cui sono iscritti per ottenere ulteriori crediti formativi».

Con un milione e mezzo di studenti, Coursera veicola nell'etere gratuitamente i corsi di decine di importanti università di tutto il mondo (i cui costi di iscrizione si aggirano intorno ai 37 mila dollari all’anno) e quella che era una scommessa di due sognatori è diventata una realtà a cui ormai tutti i maggiori istituti universitari americani e non solo fanno a gara per partecipare. Strano. Perché l’accesso alla cultura è quanto di più elitario e diseguale ci sia. In Sudafrica, per esempio, il sistema educativo, sviluppato nato e cresciuto sotto l’apartheid, riservato esclusivamente ai bianchi. Oggi è tanto il desiderio di riscatto della popolazione nera che all’inizio di quest’anno, quando sono diventati disponibili alcuni posti all’università di Johannesburg, la gente per potersi iscriversi si è messa in fila fin dal giorno prima, creando code di due chilometri. Quando si sono aperti i cancelli la ressa è stata tale che venti persone sono rimaste ferite e una donna è morta, travolta per aver tentato di dare al figlio una vita migliore. Daphne Koller, che ne parlato anche nel suo intervento alle TedGlobal 2012 [www.ted.com/talks/daphne_koller_what_we_re_learning_from_online_education.html]  è partita proprio da qui: dare una possibilità a chi possibilità non ha, mettere tutti in grado di studiare, migliorarsi approfondire, sperare in una vita migliore, rendere l’educazione partecipata, condivisa, attraverso quel potente strumento che è la rete. Perché, dice lei stessa, «la mia è la terza generazione a conseguire un dottorato e sono figlia di due accademici. L’educazione nella mia famiglia era onnipresente. Era scontato che frequentassi le migliori università che mi avrebbero aperto un mondo di possibilità. E gli altri?».

Con il costo dell’istruzione che in America (e in Italia non si sta certo meglio) è aumentato del 559% dal 1985, essersi posta questa domanda ha avuto un certo impatto. Uno dei primi corsi che Daphne Koller ed Andrew Ng hanno messo on line è stato The machine learning (Apprendimento automatico) di Andrew Ng che insegna alla Stanford University e che ogni volta totalizza circa 400 iscritti: su Coursera gli iscritti sono stati 100 mila. «Avrebbe dovuto insegnare per 250 anni per raggiungere lo stesso risultato» dice Koller. Per materie legate a computer e scienza non è difficile immaginare una partecipazione elevate: ma quando al corso di A history of the world since 1300 di Jeremy Aldelman, professore alla Stanford, gli iscritti superano i 75 mila, beh, allora qualcosa di grosso è davvero accaduto. Gli iscritti di Adelman si trovano in ogni parte del globo – dalla Norvegia alla Thailandia – e come per ogni corso hanno la possibilità di riunirsi nelle varie community del globo e di incontrarsi attraverso i Meetup: a Roma per il corso di Adelman gli studenti sono 12 e si stanno già organizzando. Per ogni corso vengono indicati dei libri di base: sarebbe interessante vedere, adesso, quali sono diventate le tirature di testi come: Worlds Together, Worlds Apart, del professor Adelman. E poi ci sono i forum e, proprio perché gli studenti si trovano in qualunque parte del globo, il tempo medio di risposta a una domanda è di soli 22 minuti: anche se sono le quattro di notte, da qualche parte, magari in Papua Nuova Guinea, c’è qualcuno che si sta ponendo le stesse domande.

Ad agosto gli iscritti alle varie offerte di Coursera erano quasi 600 mila: oggi un milione e mezzo e aumentano, letteralmente, ogni minuto. I corsi sono 195 [www.coursera.org/courses], le università 33 [www.coursera.org/universities], dalla Princeton University, alla Stanford, dalla Johns Hopkins, alla Columbia University, dalla University of London alla Hebrew University of Jerusalem. Ha avuto ragione Tom Friedman quando sul New York Times, a proposito di Coursera, ha scritto «Grandi cambiamenti si verificano quando ciò che è improvvisamente possibile incontra ciò che è disperatamente necessario».

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